Una favola psichedelica

Una favola psichedelica

Per il suo ritorno alla Scala con Rusalka, Emma Dante si allontana dall’immagine oleografica della sirena di solito associata a quest’opera

Rusalka HP

Emma Dante torna dove tutto è cominciato: alla Scala, dove la famosa Carmen diretta da Daniel Barenboim, succès de scandale dell’inaugurazione di stagione 2009-2010, la lanciò come regista d’opera. Quattordici anni dopo tocca a Rusalka di Antonín Dvořák, “fiaba lirica” commovente e inquietante che la regista affronta senza fare sconti.

MP Le fiabe sono una costante per lei, al punto che sul suo sito le categorie con cui divide il suo lavoro sono: prosa, opera, favole.
ED È un capitolo nato diversi anni fa, quando con la mia compagnia (Sud Costa Occidentale ndr) abbiamo iniziato a occuparci anche di teatro per l’infanzia, con spettacoli dedicati ai bambini. È chiaro che Rusalka non è una storia per bambini, ma tutte le fiabe mi interessano quando non vengono edulcorate, come le novelle di Giambattista Basile, di cui mi sono occupata. Mi interessano quando riescono a trasmettere ai bambini una morale, insegnamenti per equipaggiarli che serviranno quando saranno grandi.

MP Che tipo di fiaba è Rusalka?
ED Direi psicologica, o meglio psichedelica. È soprattutto una fiaba stratificata. La trama si può riassumere in poche righe. Una creatura acquatica vuole diventare una donna perché si innamora di un principe, così una strega le fa un incantesimo, avvertendola che se non sarà ricambiata sarà condannata a una sorta di inferno. Lavorando su questa storia mi sono resa conto che pone problemi molto più complessi di quanto sembra, per esempio il tema della non accettazione dello straniero: Rusalka nel secondo atto viene rifiutata da tutti gli abitanti del palazzo, uomini e donne, con a capo la principessa straniera, che la allontanano, la giudicano, la “sbranano”, non solo metaforicamente: ho immaginato una scena in cui gli invitati mangeranno i suoi tentacoli.

MP Quindi Rusalka non avrà la classica coda a cui siamo abituati, almeno dal film della Disney in avanti?
ED La mia Rusalka sarà una sirena con dei tentacoli dalla cintola in giù, come una medusa. Detesto la rappresentazione delle sirene con il seno in vista e una sinuosa coda di pesce: svilisce il personaggio, lo sessualizza. Io voglio raccontare un’altra Rusalka, che all’inizio comparirà in scena su una sedia a rotelle.

MP Quindi il suo spettacolo sarà una riflessione sulla disabilità.
ED Esatto. Tra l’altro è vero che Rusalka con l’incantesimo guadagna le gambe, ma perde la parola, vale a dire un’altra disabilità; infine perde di nuovo l’uso delle gambe, e tornerà in scena fasciata. La sua condanna finale sarà questa condizione ibrida: non più creatura acquatica ma nemmeno umana.

MP A proposito della perdita della parola, lei ha già affrontato un’opera con un personaggio muto: La muta di Portici di Daniel Auber.  
ED In quel caso però il personaggio era muto dall’inizio alla fine. Qui invece si tratta di una condizione temporanea, in cui Rusalka smette di cantare, e cosa vuol dire per una sirena non poter cantare? Pensiamo alle sirene dell’Odissea. In un certo senso è come se Rusalka cominciasse a morire: in quel momento quando il principe le parla lei è come uno spettro, una proiezione. Ho pensato di servirmi di un suo doppio, affidato a un’attrice: una sorta di Ofelia impazzita in preda al delirio, che morirà in scena e verrà depositata su un letto pieno di fiori. Quindi è come se Rusalka vedesse se stessa morire, come se vivesse in un incubo di cui è lei stessa artefice e vittima allo stesso tempo.

MP Questi momenti di agitazione psicomotoria sono una costante dei suoi spettacoli. Penso per esempio a Misericordia, in cui un danzatore metteva in scena delle vere e proprie crisi. 
ED Il mio teatro ha sempre a che fare con la patologia del corpo. Mi interessa quando i personaggi non sono centrati e perdono il loro baricentro, quando non stanno bene in piedi, si sbilanciano, cadono. Il palcoscenico è un luogo pieno di insidie che bisogna mostrare.

MP Dove sarà ambientato lo spettacolo?
ED Non saremo sulle sponde di un lago come si legge nel libretto: volevo evitare l’immaginario oleografico che spesso si associa a quest’opera. Con Carmine (Maringola ndr) abbiamo pensato a una chiesa gotica diroccata e allagata, come dopo una grande alluvione. Al centro della scena ci sarà una grande pozza di acqua piovana, che nella mia immaginazione mette in comunicazione il mondo degli umani con il mondo delle creature acquatiche. Siamo arrivati a questa immagine tenendo conto dell’altro grande elemento presente nell’opera, oltre all’acqua: la luna, la cui luce filtrerà dal rosone ammaccato di questa chiesa. Anche il palazzo del principe sarà allagato, gli invitati si siederanno a tavola con l’acqua fino alla vita, in una situazione surreale alla Buñuel, come nel Fantasma della libertà dove si cena seduti sul water. Tra l’altro Vanessa (Sannino ndr) ha disegnato gli invitati come se fossero giocattoli, che si muoveranno in maniera meccanica perché non hanno cuore. 

MP È questo che distingue il mondo degli umani dal mondo degli spiriti e delle ninfe?
ED Gli esseri umani sono degli automi, i veri umani sono gli spiriti, nonostante abbiano branchie e tentacoli. È un mondo che in qualche modo richiama il Sogno di una notte di mezza estate.

MP È la seconda volta che fa riferimento a Shakespeare: Ofelia, il Sogno…
ED Potrei citare anche Romeo e Giulietta, quel romanticismo del teatro inglese in cui i personaggi o impazziscono o muoiono per amore, in cui tutto è sempre estremo. Secondo me Rusalka è molto legata al mondo di Shakespeare.

MP Anche per quanto riguarda la commistione di generi? 
ED È vero che la musica in alcuni punti è quasi da opera buffa, però né io né il direttore (Tomáš Hanus ndr) abbiamo voluto andare in quella direzione: la nostra Rusalka rimane dall’inizio alla fine un’opera tragica, inquieta, per certi versi dannata, su un amore terribile.

MP Parliamo degli altri personaggi: cominciamo dal padre, lo Spirito delle acque.
ED Wodnik è una creatura evanescente. Non prende di petto la figlia, non tenta di farla rinsavire dal suo stato malinconico. Certo gli dispiace che voglia perdere la sua condizione di spirito dell’acqua, però è lui che le consiglia di rivolgersi alla strega Ježibaba. Nel resto dell’opera ha una funzione di commento, come il coro della tragedia greca: non agisce, interviene solo per esprimere un giudizio.

MP Invece il Principe? Anche lui è un “automa” come tutti gli esseri umani?
ED In effetti lui non è come gli altri, è un essere più tormentato: all’inizio ama davvero Rusalka. Nelle prime scene lo vedremo recarsi in chiesa per tre volte, con Rusalka che lo osserva da lontano innamorata, che cerca di raggiungerlo, ma non riesce per via della sua condizione, perché ha ancora i tentacoli. Nel secondo atto poi la rifiuterà, dopo averla corteggiata, sedotto dalla Principessa straniera. Nel terzo capisce finalmente di non poter vivere senza di lei e la cerca di nuovo, ma ormai è troppo tardi.

MP Nell’opera ci sono molti personaggi femminili oltre a Rusalka: la Principessa straniera, la strega, le ninfe…
ED Nel mondo che abbiamo costruito si vedranno anche delle cerbiatte inseguite da violenti cacciatori, con dei costumi che mostrano le loro interiora, come se fossero state divorate, ma nonostante questo continuano a vivere. Loro sono ovviamente dalla parte di Rusalka, l’unico personaggio puro.

MP Insomma, gli uomini non fanno una bella figura.
ED Nei miei spettacoli quasi mai.

MP Qual è la morale di questa fiaba?
ED È legata a un’idea di custodia dell’amore. Una grande storia d’amore può anche salvare il mondo, se non viene sciupata: per questo bisogna averne cura. Se il Principe non avesse calpestato i sentimenti di Rusalka, lei alla fine non sarebbe stata ferita e lui non sarebbe morto. Un vero spreco.  Tutta l’opera è la descrizione di un tentativo disperato di cambiamento, che potrebbe esserci, ma per piccole deviazioni non arriva mai. Come sempre è la donna la vittima sacrificale di questa storia.

MP Anche Carmen era una vittima.
ED Ma in modo diverso. Anzi per certi versi Carmen non è affatto una vittima: è una donna libera e senza regole, ma soprattutto è una donna capace di dire no. Rusalka invece dice sempre di sì. Non è che le donne, siccome sono donne, sono tutte uguali.

MP Lei ama fare l’opera?
ED Amo moltissimo l’opera, ma non amo i vincoli che fare l’opera comporta: molte pause durante le prove, i cantanti che si assentano, i compromessi per raggiungere gli obiettivi. L’arte deve essere un territorio di assoluta libertà, non ci possono essere tante gabbie. Ma poi avviene il miracolo, perché alla fine la musica ha la capacità straordinaria di fare andare tutto insieme.
 

Mattia Palma