Come un bel dì di maggio…

Come un bel dì di maggio…

Dopo il grande successo della Prima del 2017, Yusif Eyvazov torna nei panni del poeta rivoluzionario Andrea Chénier, una delle parti più ardue dell’intero repertorio.

Rivoluzionario borghese ma nobile d’animo, “come un bel dì di maggio” torna alla Scala Andrea Chénier, il poeta protagonista dell’omonima opera verista di Umberto Giordano su libretto di Luigi Illica. A interpretarlo Yusif Eyvazov, il tenore azero che con questo ruolo ha già conquistato il pubblico scaligero nell’Inaugurazione di Stagione 2017/2018 e che adesso si dice prontissimo a reinterpretarlo.

ET Come si sente a essere nuovamente qui?

YE È una gioia immensa; l’Italia è la mia seconda patria e Milano la sento come la mia città, anche perché qui ho vissuto per 17 anni. Sono poi particolarmente legato a questo Teatro che anni fa mi ha dato una grandissima opportunità, per cui sarò sempre grato, e in cui oggi ritorno con una grande responsabilità ma senza quella paura che avevo; sono un po’ più rilassato e più sicuro.

ET Cosa rappresenta per lei questo spettacolo?

YE Questa produzione di Andrea Chénier è stata per me particolarmente cara e allo stesso tempo sofferta. È una delle poche cose nella mia vita che non dimenticherò mai, perché non è stato solo il mio debutto alla Scala ma anche la mia prima Inaugurazione di Stagione. Devo dire che è stata una grande emozione, forse la più grande, e mi ricordo ogni giorno di quel periodo bello ma anche pieno di sfide. Un’opera non facile di cui all’epoca sentivo moltissimo la pressione per le grandi aspettative che tutti nutrivano.

ET Per via del legame di questo titolo con la Scala?

YE Anche. L’opera ha debuttato qui nel 1896 e non è mai uscita dal repertorio, in più nel 2017 mancava dalla programmazione da ben 32 anni. L’ultimo Chénier alla Scala era stato interpretato da José Carreras nella Stagione 1984/1985 e forse ero così terrorizzato anche per questo motivo.

ET Anche se sono passati alcuni anni, può raccontarci come andò quel 7 dicembre?

YE Nel momento in cui è iniziato lo spettacolo, prima di entrare in scena mi sono detto: qualsiasi cosa accadrà oggi rimarrà nella storia, che sia un successo o meno. E la verità è che sono andato lì veramente con il cuore tremante, non rendendomi conto di come stesse procedendo l’opera, ero caduto in una specie di trance. Mi sono svegliato alla fine della recita quando sono iniziati gli applausi e solo il giorno dopo, quando i giornali hanno riportato il grande successo, ho veramente realizzato come fosse andata. Conservo ancora tutti quei giornali, sono un ricordo molto caro.

ET Non era la prima volta che interpretava Chénier?

YE Lo avevo già cantato in precedenza e agli inizi di quell’anno avevo insistito per farlo a Praga, prima del debutto scaligero, perché un’opera va sempre eseguita sul palcoscenico, con i costumi e il coro; bisogna proprio vivere e sentire quell’atmosfera. È un po’ come fare sport: prima di correre una maratona bisogna allenarsi e prepararsi gradualmente, e qui è stata la stessa cosa.

ET Quindi la preparazione è iniziata molto prima di quella “Prima”…

YE Assolutamente sì. Quell’anno ho incontrato più volte il Maestro Chailly, con cui ho lavorato veramente nel dettaglio. Ho ancora la partitura, anche adesso qui con me, con tutti gli appunti del Maestro: la conservo gelosamente. Non vedo l’ora di tornare a lavorare con lui perché è davvero un musicista straordinario.

ET Come si è trovato alla fine con questa produzione?

YE L’ho adorata e l’adoro, una produzione bellissima, elegante, classica ma con tocchi anche moderni. Il regista Mario Martone ha fatto un grande lavoro; ma a parte l’allestimento mi sono trovato molto bene con lui perché, oltre a suggerirmi le coordinate e a darmi le linee guida, mi lasciava libero dandomi modo di esprimere la mia personalità artistica e la mia visione del personaggio. Come fa un artista a essere credibile quando non è libero? Chénier ne sa qualcosa.

ET Parliamo un po’ di lui, chi è Andrea Chénier?

YE È un personaggio molto particolare, perché è un poeta ma è anche un rivoluzionario, è un artista e allo stesso tempo un guerriero. Convivono in lui due anime completamente diverse che combattono sempre tra loro senza tregua. Cercano di coesistere ma è impossibile ed è per questo che finisce per spegnersi in gloria, perché la sua parte poetica porta la sua anima da rivoluzionario alla morte. Era logico che, vivendo così intensamente, non sarebbe durato a lungo… ma comunque abbastanza per essere ricordato.

ET E invece il suo Chénier?

YE Non sarà più così spaventato come quello di qualche anno fa, sarà uno Chénier più consapevole e più coscienzioso. In questi anni l’ho interpretato in altri teatri, è un ruolo che tengo sempre in repertorio perché è difficile e non tutti lo cantano. Ovviamente oggi, nel 2023, dopo altri sei anni di esperienza di teatro, riuscirò a dare di più sia a livello interpretativo sia a livello vocale.

ET C’è stato un tenore, o più, a cui all’epoca si è ispirato?

YE Ogni tenore è particolare, ci sono alcuni che sono bravissimi in un repertorio e un po’ meno in un altro e viceversa. Per me il più grande Chénier di tutti i tempi è stato Franco Corelli, che ha cantato questo ruolo anche alla Scala. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e mi sono ispirato a lui per il fraseggio. Però sarebbe stato stupido cercare di emularlo, perché ognuno ha la propria voce. Un altro dei grandi Chénier è stato Nicola Martinucci, che venne a trovarmi durante le recite: ero emozionatissimo e ho ancora la foto insieme a lui.

ET Adesso sappiamo che all’attività di cantante affiancherà quella di Sovrintendente.

YE Ho accettato l’incarico al Teatro dell’Opera di Baku. È stato un “sì” per me fin dall’inizio anche perché il teatro necessita di numerose riforme, a cominciare da quelle a livello strutturale: palcoscenico e sale prove. Però alle persone che volevano conferirmi questo incarico ho precisato che accetto con grande onore perché è la mia patria, è il mio Paese, ma mi sono fatto promettere che mi dovranno aiutare a riformare questo teatro, e che potrò continuare a cantare senza dovervi rinunciare.

ET Quali sono stati i primi passi come Sovrintendente?

YE Mi sono messo subito al lavoro, ho iniziato a organizzare un team che lascio sul posto quando sono lontano. In questi primi tempi sarò presente il più possibile ma poi, quando sarà tutto ristrutturato e funzionante, la mia presenza non sarà necessaria come in qualsiasi altro posto. Appena il teatro sarà rinnovato, tra un anno e mezzo circa, inizierò a invitare le superstar della nostra lirica a cantare e a dirigere in questo gioiello da novecento posti: sarà una grande emozione fare gli onori di casa. La cosa di cui vado più fiero adesso è che il gruppo di lavoro è composto da molti ragazzi, davvero bravi e volenterosi.

ET Quindi largo ai giovani?

YE Loro sono il futuro. Trovo sia molto bello poter portare la propria esperienza e soprattutto insegnarla ai più giovani: spiegare loro come funziona il teatro vero e proprio, come deve essere un teatro dell’opera e come deve essere fatta l’opera. Per questo penso che sarà importante costituire anche dei master, in modo che i giovani possano toccare con mano e apprendere da chi ha fatto di quest’arte il proprio mestiere.

 

Elisabetta Tizzoni

Laureata in Lettere moderne e Storia dell’arte, ha pubblicato articoli per l’editore Campisano e il BTA. Ha studiato Pianoforte e Musicologia e collabora con il Museo Teatrale alla Scala